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Volare per un dollaro d'onore

di Gianni Dragoni

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24 Aprile 2008

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La spesa comune degli aerei non c'è ancora stata. Ma le alleanze hanno generato grossi benefici alle compagnie. Nel bilancio 2000 Lufthansa stimava di avere avuto dalla Star benefici per 500 milioni di marchi annui, circa 250 milioni in euro. Star Alliance raggruppa ormai più di venti compagnie ed è l'alleanza globale più vasta del mondo. Dichiara una quota di traffico (passeggeri globali) del 28,1% nel 2007. Poco più indietro SkyTeam (con Air France e Delta, ci sono anche Alitalia e Aeroflot) e Oneworld (guidata da Ba e American Airlines).
Secondo le analisi di Bain & C. «la Sas, entrata nel 1997 nella Star, ha raggiunto sinergie sia nei ricavi sia nei costi per 150 milioni di euro, pari – rileva Scaramella – al 70% dell'utile operativo che aveva prima dell'adesione».
La spinta più forte viene dalle concentrazioni societarie. «Il caso principale è la fusione Air France-Klm nel 2004, che – sottolinea il partner di Bain – ha portato il fatturato a 23 miliardi rispetto a poco meno di 18 miliardi nel 2004, con il margine operativo al 5,4% rispetto a poco meno del 2% dei ricavi. Le due compagnie hanno ottenuto sinergie cumulate nell'ultimo bilancio per 525 milioni, rispetto a 250 milioni attesi». E Jean-Cyril Spinetta punta a un miliardo nel bilancio al 31 marzo 2011. «L'unione tra Lufthansa e Swiss ha generato benefici per oltre 400 milioni di euro nel 2007, rispetto a un'ipotesi iniziale di 150 milioni».
Le compagnie di tipo tradizionale con i migliori risultati sono forti soprattutto nel lungo raggio, come mostra il grafico elaborato su dati interni alle compagnie da Interazione, società che fa capo all'esperto di aviazione Nick Brough, consulente di diversi gruppi internazionali. È il punto debole di Alitalia, che – secondo i dati 2006 – ha l'84% di passeggeri nel mercato «domestico» (nazionale e della Ue), rispetto al 77% di Lufthansa, 70% di Air France, 64% circa di Ba e Klm.
Se si considerano i ricavi del traffico, i dati di Interazione mostrano che il 62% dei proventi di Alitalia derivano dal mercato «domestico» (Italia e Ue), solo il 32% dal lungo raggio. La percentuale è rovesciata per le altre compagnie europee: Ba ha il 67% dei ricavi sul lungo raggio, Klm il 61%, Air France il 59%, Lufthansa il 47.
«Alitalia ha ereditato per motivi storici questa debolezza della rete, non è abbastanza grande nel lungo raggio. E quindi – spiega Brough – per tornare ad essere forte ha assoluta necessità di integrarsi con un altro network carrier già forte nel lungo raggio. Questo partner potrebbe anche non essere Air France. Ma ricordiamoci che, se non fosse il vettore francese, dovrebbe sostituire un rapporto in essere con uno nuovo. Questo comporterebbe un lungo periodo di avviamento, per la formazione del personale e l'integrazione dei sistemi informatici».
Uno dei limiti di Alitalia è che ha una struttura, anche nei costi, di compagnia tradizionale ma ormai con una limitata attività a lungo raggio. Le ore di volo nel lungo raggio, secondo le analisi di Interazione su dati dell'Aea, per Alitalia sono passate in trent'anni da circa 40mila del 1976 a quasi 100mila nel 2006. Klm è salita da poco più di 50mila a 220mila. Air France da quasi 70mila a 330mila.
Questo conduce direttamente al problema della potenza di fuoco adeguata per presidiare un hub. «Per far funzionare un hub ci vogliono almeno 40-50 aerei di lungo raggio, creando quelle onde di traffico che sono alimentate dai voli locali», spiega Scaramella. «Air France, Ba e Lufthansa hanno 100 aerei di lungo raggio». Alitalia ne ha appena 20. E dall'ottobre 1998 questa modesta artiglieria è stata "dispersa" tra due scali, Malpensa e Fiumicino. Troppo poco per combattere la concorrenza.

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